In un’epoca storica caratterizzata da una nuova ondata migratoria che sta interessando l’Europa e in particolar modo l’Italia, quello dell’integrazione razziale nella moderna scuola dell’infanzia è un tema caldo e attuale come non mai. Fare in modo che il multiculturalismo diventi la normalità è pertanto l’imperativo categorico per gli insegnanti del nuovo millennio, costantemente impegnati a trasmettere ai piccoli alunni di età compresa tra i 3 ed i 6 anni i valori dell’accoglienza e dell’integrazione. La scuola dell’infanzia è d’altro canto il luogo in cui i bambini prendono consapevolezza dell’esistenza di religioni, culture, tradizioni e tratti somatici differenti dai loro, ragion per cui è necessario elaborare un programma d’insegnamento che avvicini ogni membro della classe agli usi e ai costumi degli altri compagni e che risponda a qualunque tipologia di esigenza.
L’inserimento di un alunno di etnia diversa nel contesto scolastico è un processo che deve seguire degli step ben precisi. Gli educatori che si approcciano ad un percorso di questo tipo sanno bene che è fondamentale che il bambino non si senta isolato ma che anzi abbia sin da subito la percezione di essere stato accolto a braccia aperte dal resto della classe e dal personale in servizio presso la struttura educativa.
Un buon modo per far sì che questo accada consiste nell’avvicinare gli altri bambini alla cultura, alle usanze e alle tradizioni del Paese di origine del nuovo compagno. Si potrebbe perciò pianificare un’unità didattica che fornisca loro delle informazioni basilari su questo luogo attraverso delle specifiche attività ludiche e creative: colorando e disegnando, ballando e cantando, lo studente straniero inizierà giorno dopo giorno a sentirsi parte integrante di quel contesto. E il timore di sentirsi escluso e messo da parte, se si lavora bene, sarà subito scongiurato.
Una volta attraversata la difficile fase dell’inserimento, sarebbe il caso di rinsaldare ulteriormente il legame tra educatore e studente straniero e tra studente straniero e compagni di classe organizzando delle attività extra-curriculari che abbiano come fine ultimo, appunto, il dialogo ed il confronto. Sono utili in questo caso le gite, ma anche dei semplici eventi sportivi e musicali che rafforzino il suo senso di appartenenza a quel nuovo contesto. Il coinvolgimento della famiglia in questo percorso è altrettanto determinante: tra l’educatore e la coppia di genitori dev’esserci uno scambio costante ed assiduo di informazioni, in maniera tale che l’integrazione avvenga ancor più rapidamente e che il processo d’inserimento a scuola non subisca intoppi.
Si potrebbe anche pensare di organizzare, in questo senso, degli incontri tra i genitori di tutti i bambini che compongono la classe: vedere la sua mamma e il suo papà nel luogo con cui sta cercando di familiarizzare lo farebbe sentire al sicuro e più forte, pronto ad affrontare una nuova avventura.
La sfida più grande per l’educatore sarà tuttavia quella di avvicinare il bambino straniero all’apprendimento della lingua italiana. A meno che non sia nato nel Bel Paese è probabile che non ne conosca neanche una parola, ragion per cui è indispensabile pianificare un corso intensivo che gli permetta d’imparare l’italiano nella maniera che meglio si confà alla sua età: attraverso il divertimento. Sarà più semplice per lui assimilare subito delle parole che rimandino alla sfera del gioco e che abbiano un’attinenza con le sue passioni. Avranno un ruolo chiave in questo frangente gli altri bambini: una volta individuati quelli più spiccatamente “sensibili” si potrebbe chieder loro di collaborare e di dare una mano, in questo senso, al bimbo straniero. L’età lo avvantaggia e apprendere la nuova lingua, con i dovuti accorgimenti da parte dell’educatore, sarà un gioco da ragazzi.