L’autoefficacia consiste nella convinzione sulle abilità personali di attuare specifiche azioni. Significa avere una consapevolezza della padronanza di comportamenti o situazioni. L’importanza dell’autoefficacia per i bambini della scuola dell’Infanzia è elevata, perché è il periodo in cui c’è il primo approccio con la presa di coscienza del proprio essere, imparando i limiti e le potenzialità. L’autoefficacia si acquisisce facendo esperienza, fin da piccoli e ogni volta che si impara qualcosa si agisce sul proprio modo di fare e reagire, pensando a dominare le emozioni. Questo aspetto è molto importante per i bambini che devono riuscire a controllare gli impulsi. I modelli psicodinamici definiscono questo percorso come la crescita dell’io, mentre sistemi di valutazione diversi spiegano lo sviluppo graduale della conoscenza dei processi di pensiero. Il trascorrere del tempo con il progredire dell’apprendimento permette al bambino di modificare il comportamento mettendo a punto strategie di autocontrollo, prendendo sempre più coscienza del proprio senso morale. Al di là delle varie correnti di pensiero, il piccolo deve capire come interagire con gli altri e come comportarsi nelle svariate situazioni in cui si trovano. Per raggiungere questo obiettivo ci sono metodi legati al gioco che aiutano i bambini. Loro interiorizzano e applicano strumenti di valutazione molto severi su se stessi, quindi l’educazione deve andare nella direzione della ludoterapia che garantisce il raggiungimento del risultato di dare un aiuto concreto al bambino.
La scuola dell’Infanzia, secondo le ricerche scientifiche, è in grado di influenzare la qualità dell’educazione che si otterrà nei gradi successivi del sistema di istruzione. Il primo contatto con l’apprendimento è il più importante perché predispone il bimbo verso la scuola, nel suo rapporto con l’educazione fornita. I programmi relativi allo sviluppo delle abilità in relazione alla lingua, alla logica, all’espressione, alle relazioni sociali e affettive, all’etica e alla motricità devono essere attuati fin dall’infanzia, perché in questo modo i bambini riusciranno a imparare molto di più nel percorso di studi. I principi di efficacia ed equità possono rafforzarsi insieme se si procede con un piano di lavoro ben calibrato sulle esigenze istruttive dei piccoli alunni. Il gioco è uno strumento efficace per permettere al bambini di acquisire fiducia nelle proprie possibilità e abilità, entrando in contatto con l’ambiente in cui è inserito, e di imparare a rapportarsi con la realtà. Il gioco è un bisogno innato che consente al bambino di apprendere, ma anche di modificare la realtà secondo le proprie preferenze, riuscendo a compensare le frustrazioni e a scaricare la tensione creatasi nel contatto con gli altri e con ciò che lo circonda. All’età della scuola d’infanzia i piccoli hanno impulsi aggressivi, soprattutto quando si trovano di fronte a qualcuno e qualcosa che li limita o adotta comportamenti sgraditi. L’attività ludica porta a trasformare l’istinto in azioni corrette dal punto di vista sociali. Tutte le funzioni cognitive vengono stimolate per essere sviluppate.
L’introduzione del gioco nella scuola risale a Rousseau, ma a inserire la pratica nei programmi sono stati gli psicologi dei tempi moderni, proponendo una metodologia specifica. L’importanza dell’autoefficacia per i bambini della scuola dell’Infanzia è data dalla capacità del gioco di avviare attività mentali di una certa complessità, portando a sviluppare funzioni simboliche, arricchendo l’abilità di immaginare. La creatività viene stimolata, così come il pensiero divergente. Inoltre il bambino impara a interagire all’interno dell’ambiente. I primi due anni di vita del bambino servono a conoscere tutto ciò che si trova intorno. É un’esplorazione che conduce alla scoperta delle caratteristiche ed è l’inizio della ricerca del modo per soddisfare i bisogni, che è una motivazione forte per sapere cosa può trovare all’esterno. La caduta degli oggetti e il rumore che provocano divertono il piccolo e lo fanno gioire. Lui si abitua alla ripetizione dei suoni e delle parole udite sentendo parlare le altre persone, a partire dai genitori. Superati i due anni comincia a esprimere giudizi della realtà che vede, usando i giochi inclusivi della sua fantasia.
L’età segna l’esatto momento in cui il bambino comincia a fare finta. Punta a rivivere un evento passato modificandolo a piacimento, facendolo diventare accettabile dal suo punto di vista. Entra così in campo il gioco simbolico, attraverso la riproduzione, durante la quale riesce ad imparare. Muove i primi passi e assimila i movimenti del corpo, prende coscienza del proprio corpo e delle dimensioni. Sono le prive volte in cui avvicina gli oggetti alla bocca. Le esperienze per lui fondamentali contemplano il contatto diretto e il tatto è il suo metro, l’unità di misura per provare a capire il mondo. Giocare è la strada per affrontare il mondo in cui vivono gli adulti, ma nei bambini sono completamente assenti i pregiudizi. I pupazzi assumono il ruolo delle persone temute dai piccoli, ma durante l’attività ludica è il bambino a non lasciarsi sopraffare dalle emozioni e ad avere la meglio. Si libera dell’angoscia. Fino ai tre anni il bimbo sperimenta il contatto con gli oggetti per riuscire a familiarizzare e si concentra quanto un adulto durante l’attività lavorativa. Una volta raggiungi i cinque anni a rendere felice il bambino sono le favole, non solamente quelle scritte sui libri e lette loro da maestre e genitori, bensì quelle che inventa lui stesso. Lo aiutano a esplorare le emozioni e a dare una continuità al rapporto che ha con gli adulti. L’immaginazione si sviluppa nell’età infantile e serve a capire come si possano superare i drammi della vita. Poi arriva il tempo del gioco di gruppo ed è l’occasione per relazionarsi con gli altri, soprattutto coetanei, e con le regole. Per stare insieme e svolgere delle attività bisogna avere delle norme e dei limiti. In questo caso è la funzione sociale assunta dal gioco ad aiutare i bambini a controllare l’istinto, a imparare a frenare l’impulso.
Nel Novecento si è sviluppata la Play Therapy, utile a fornire un apporto significativo per far capire l’importanza dell’autoefficacia per i bambini della scuola dell’Infanzia.
Ci sono 12 benefici per i bambini, se la si usa durante le attività scolastiche nell’educazione pre-primaria:
– il gioco modella il comportamento del bambino addestrandolo a un atteggiamento adatto alla situazione;
– i genitori vanno coinvolti nel gioco con i figli, perché così l’attaccamento sarà più forte. Bisogna spingerli a stare con i figli e usare elementi ludici;
– giocando il bambino supera i traumi, perché rivive determinati momenti applicando un elevato controllo sulle emozioni;
– lo sfogo avviene con il gioco, perché il bambino scarica la tensione sui palloni o sui pupazzi, anche colpendoli, ma ciò evita che lo possa fare con le persone;
– crescono la competenza e l’autostima perché il gioco mette il bambino in condizioni di affrontare le sfide e di prepararsi al raggiungimento degli obiettivi;
– la giocosità aiuta a vincere le paure, basti pensare al bambino che ha paura del buio e gioca a nascondino;
– esprimersi, far uscire il proprio io, questa è una degli aspetti più importanti che si ottengono con il gioco;
– l’apprendimento viene facilitato dalle attività ludiche che stimolano l’attenzione e permettono di sviluppare competenze personali;
– il coraggio e la forza si sviluppano nel bambino attraverso il gioco;
– il bambino nel gioco può avere il controllo delle situazioni, mentre nella realtà non è lui a decidere;
– il controllo dei propri impulsi è dovuto al gioco;
– problemi trovano soluzioni creative grazie alle attività ludica, che permettono di simulare e sperimentare.
L’importanza dell’autoefficacia per i bambini della scuola dell’Infanzia è elevata perché migliora l’apprendimento e soprattutto le abilità. La convinzione di saper fare è il primo passo per impegnarsi negli studi e nella vita e durante il periodo dell’infanzia, attraverso il gioco, il bambino può davvero prepararsi al futuro.