Attenzione divisa e attenzione focale, cosa sono e come utilizzarle per relazionarsi con i bambini delle scuole dell’Infanzia

Perché i processi di apprendimento possano riscuotere il successo a cui sono finalizzati, non è sufficiente un buon modo di insegnamento, ma nasce la necessità di uno scambio reciproco, di un doppio coinvolgimento che nella scuola dell’infanzia vede come protagonisti di questa costruzione tanto l’insegnante quanto il bambino che, attraverso l’attenzione, recepisce in maniera attiva gli insegnamenti che gli vengono impartiti, appropriandosene in maniera da poterli utilizzare nuovamente,per questo parliamo di attenzione divisa e attenzione focale.
L’attenzione viene definita come il processo cognitivo che permette di recepire gli stimoli ambientali, assimilandoli all’interno del proprio vissuto intellettuale.
I meccanismi che regolano i vari livelli e le diverse modalità di attenzione sono vari e complessi. Sebbene tutti siano coinvolti all’interno dei vari processi di apprendimento, attenzione divisa e attenzione focale rappresentano delle componenti importantissime in grado di contribuire senza termini di paragone allo sviluppo intellettivo del bambino.

L’attenzione focale

Viene considerata come attenzione focale o selettiva quella forma particolare del processo cognitivo che permette al bambino di selezionare gli stimoli esterni eseguendo una cernita che distingue quelli utili al conseguimento di un obbiettivo dagli stimoli considerati superflui. Questo tipo di attenzione permette quindi di convogliare le proprie capacità su alcune caratteristiche piuttosto che su altre, ponendo il processo attentivo in una condizione che può essere a tutti gli effetti definita filtrante. Secondo alcuni studiosi, come ad esempio la psicologa Anne Treisman la teoria del filtro potrebbe essere considerata come una spiegazione approssimativa che lascia pensare a questa cernita come ad un processo che tende ad escludere a priori alcune caratteristiche dell’oggetto, mentre sarebbe più corretto considerare anche questo processo come un’attività completa in cui le componenti esterne al fuoco attentivo non vengano completamente ignorate, ma siano bensì processate in maniera automatica senza ricorrere all’utilizzo dell’attenzione non interferendo quindi col canale dedicato all’elaborazione delle informazioni appartenenti al focus dell’attenzione, ma lasciando ugualmente una traccia nel vissuto mnemonico inconscio. Uno dei possibili sviluppi di questa teoria, sebbene in un’accezione particolare, è quello proposto dagli studiosi Deutsch e Deutsch, secondo cui il filtro non sarebbe da individuare nella natura selettiva dell’acquisizione di informazioni, ma nella risposta che emerge in seguito alla completa elaborazione di tutte le informazioni.
Una cosa certa su cui risulta invece molto difficile teorizzare è la necessità dell’utilizzo prolungato dell’attenzione per ottenere buone prestazioni mnemoniche, che permettono di assimilare i concetti assunti convogliandoli in una sfera di vissuto più profondo fino a renderli una conoscenza intrinseca dell’individuo. L’attuazione di questo processo si complica quando i compiti che il bambino è portato a svolgere aumentano, e viene richiesta la partecipazione della cosiddetta attenzione distribuita.

L’attenzione distribuita

Il termine attenzione distribuita indica la capacità di elaborare contemporaneamente informazioni provenienti da più fonti, organizzandole al fine di svolgere contemporaneamente compiti differenti. E’ facile intendere che, mentre il concetto di attenzione focale tende ad escludere l’influenza degli stimoli concorrenti ponendosi quasi come una dimostrazione epistemiologica del processo mentale che definisce il focus attentivo, l’attenzione divisa prende in considerazione l’influenza degli stimoli esterni analizzando le capacità individuali di svolgere contemporaneamente più azioni spostando il fuoco del processo da uno stimolo all’altro. Questa capacità di gestione delle informazioni e delle proprie capacità attentive tende a svilupparsi in un secondo momento, all’incirca attorno all’età degli 8-9 anni, quando le regioni anteriori della corteccia cerebrale assumono capacità più sofisticate garantendo quindi un controllo più fine delle possibilità intellettuali del bambino. Sebbene si presentino con due approcci differenti, la correlazione tra attenzione focale e attenzione divisa è evidente: non sarebbe possibile la gestione contemporanea di compiti differenti se non ci fosse una selezione delle informazioni, più semplicemente si potrebbe dire che la memoria divisa coordina ciò che la memoria focale seleziona.
Anche riguardo le modalità e le possibilità della memoria selettiva non sono mancate varie speculazioni teoriche: secondo Donald Broadbent sarebbe possibile assimilare la mente umana ad una sorta di processore dalle capacità limitate capace di svolgere al meglio un’operazione alla volta e che quindi lo svolgimento contemporaneo di più mansioni porterebbe ad una situazione inadatta a conseguire risultati ottimali. Ben diverso è il punto di vista dei teorici delle capacità, che sostengono invece una tesi secondo cui le capacità cognitive umane sono divisibili, e la mente è in grado di coordinarle a seconda delle proprie necessità per svolgere compiti che necessitano di approcci differenti. Entrambe le teorie posseggono affermazioni che si possono intuitivamente considerare vere, in quanto la gestione parallela di compiti diversi ci risulta possibile, ma spesso il risultato ne risente. Una sintesi delle due teorie è quella offerta dallo psicologo israeliano Daniel Kahneman, il quale rivendica la capacità della mente di estendere le proprie risorse in risposta ad un’aumento delle richieste, almeno entro certi limiti, purché le vengano messe a disposizione informazioni adeguate e la possibilità di usufruire di attenzione e impegno sufficienti.
Senza dubbio possiamo facilmente verificare che più due compiti risultano simili più il loro svolgimento parallelo crea difficoltà a causa delle interferenze strutturali portate dal’utilizzo degli stessi canali sensoriali o degli stessi processi di elaborazione.

Come stimolare l’attenzione

Certo è che l’utilizzo dell’attenzione divisa rappresenta un processo sofisticato e complesso, che richiede un’ampia dose di capacità organizzative e intellettuali in modo da permettere uno spostamento del fuoco attentivo capace di indurre ad una modificazione del modo di operare e riflettere adeguata ai diversi compiti da svolgere, e che quindi questa abilità necessita di essere sviluppata e non è leggittimo attendersi che con lo sviluppo naturale dell’individuo si crei autonomamente. Per incoraggiare questo sviluppo è possibile ricorrere all’interno dell’ambito pedagogico a diversi stratagemmi volti a porre il bambino in una situazione favorevole all’espressione delle proprie capacità.
Le condizioni necessarie e imprescindibili a guidare questo processo sono l’attribuzione di compiti che il bambino possa essere in grado di svolgere corredati di una spiegazione il più possibile chiara e dettagliata, il conferire un valore ideologico o effettivo del compito con cui il bambino è costretto a confrontarsi in maniera che sia incentivato ad ottenere un buon risultato, ed è soprattutto di vitale importanza che il piccolo sia in possesso di una concezione positiva di se stesso e dell’apprendimento. Una concezione ottimistica riguardo le proprie capacità e l’opportunità di ampliarle metterà il bambino in una condizione psicologica favorevole, permettendogli di individuare una meta, valutare in maniera più oggettiva le proprie possibilità di successo, e di organizzare il proprio lavoro attribuendo valori differenti ad ogni obbiettivo e considerando adeguatamente cause e conseguenze. Oltre alla dimensione psicologica, è bene curare con attenzione anche la condizione reale in cui il bambino è postato a svolgere il compito, assicurandosi che abbia a disposizione tutto il tempo e le informazioni necessarie, nonché la possibilità di concentrarsi a pieno.

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