Consigli per Educatrici di Scuole dell’Infanzia alle prese con genitori poco presenti

Per la corretta formazione e sviluppo dei bambini, è necessario che le famiglie collaborino attivamente con gli educatori al fine di supportare il modello educativo della Scuola dell’Infanzia anche a casa e nel tempo libero. Purtroppo, spesso molti educatori si trovano alle prese con genitori poco presenti, distanti e anaffettivi nei confronti dei propri figli, che non seguono in maniera appropriata la loro formazione o non sono sufficientemente sensibili alle loro problematiche. Questo atteggiamento può essere determinato da innumerevoli fattori, come gli ingenti impegni lavorativi che tengono occupati i genitori per lungo tempo, oppure i conflitti familiari che assorbono le energie dei genitori. In ogni caso, la mancanza di attenzioni da parte dei genitori può causare gravi lacune nella crescita emotiva e psicologica del bambino. È quindi fondamentale che gli educatori riescano a instaurare un dialogo produttivo con i genitori poco presenti, per coinvolgerli maggiormente nella vita dei loro figli e renderli delle figure di supporto attive su cui i più piccoli possano fare affidamento durante le numerose sfide che dovranno affrontare crescendo. Però, parlare con i genitori non è sempre facile. Se il genitore si sente sotto processo o forzato nel proprio ruolo, assumerà un atteggiamento difensivo che renderà ancora più complicato il dialogo e l’affetto verso i bambini. Per gli educatori che si trovano in difficoltà nel rapporto con i genitori poco presenti, ecco quindi una serie di consigli che possono facilitarne il compito.

– Mettersi nei panni del genitore

Quando gli educatori incontrano i genitori, in occasioni dell’arrivo e dell’uscita dalla Scuola dell’Infanzia, oppure di eventi dedicati, si trovano a dover interagire con persone sconosciute provenienti da contesti molto diversificati e variegati. Per poter instaurare una relazione produttiva e stimolare il coinvolgimento dei genitori nella vita dei loro figli, è quindi necessario prima di tutto comprendere il contesto sociale e relazionale della famiglia. L’educatore dovrà porsi in ascolto attivo dei genitori, esplorando il loro mondo senza condizionamenti e ideologie personali, al fine di accogliere la prospettiva dell’altro per capire come intervenire in modo appropriato. Solo se il canale comunicativo costruito è autentico e se si è instaurato un legame di fiducia, i genitori saranno aperti al dialogo e al miglioramento dei loro compiti di tutore. Costruire una relazione genuina con i genitori senza trincerarsi dietro le vesti professionali è il primo requisito per iniziare un percorso di collaborazione positivo. L’educatore dovrà quindi fare appello a tutta la propria empatia per comprendere le emozioni e il vissuto dei genitori.

– Assumere un ruolo da mediatori

Durante il dialogo con i genitori poco presenti, l’educatore non dovrà mai imporre il proprio giudizio né prendere il sopravvento, perché altrimenti rischia di allontanare ulteriormente l’adulto. Il ruolo che l’educatore dovrà tenere sarà semplicemente quello di intermediario fra il bambino e i genitori. Per farlo, dovrà sollevare il mondo interiore del piccolo all’attenzione dei tutori, e si dovrà impegnare per rimuovere i blocchi che separano i genitori dai figli. Il modo migliore per farlo è segnalare quali atteggiamenti del genitore ostacolano, limitano o opprimono la libera espressione del bambino, anche con l’aiuto di psicologi infantili, così da attenuarli e correggerli nel tempo.

– Comunicare al genitore le emozioni nascoste del bambino

La lontananza emotiva del genitore causa una disagio nei più piccoli, che avvertiranno una mancanza di attenzione e un deficit affettivo. Questo disagio può portarli a esternare le proprie emozioni negative in modo aggressivo e violento, ad esempio cercando di attirare l’interesse dei genitori con urli, grida, marachelle e dispetti. Alla base si queste problematiche si trova l’incapacità dei genitori di ascoltare le necessità dei loro figli e di aprirsi alle emozioni che vogliono comunicare loro. L’educatore dovrà sopperire a questa incomunicabilità, diventando la voce del bambino. L’obiettivo dell’educatore deve essere quello di svelare al genitore i lati della personalità del proprio figlio che non sta valorizzando o notando nella propria sede domestica. Nella pratica, l’educatore dovrà riferire al genitore il comportamento tenuto dal figlio in classe, le emozioni verbalizzate durante le sessioni di gioco e racconto, le abilità o le difficoltà mostrate dal bambino nelle attività didattiche, senza avere un atteggiamento di rimprovero, bensì coadiuvante all’attenzione del genitore. Il dialogo con gli educatori dovrà far emergere le emozioni che l’adulto sta sottovalutando o trattando come una seccatura, così da far comprendere al genitore che ignorare le emozioni non è un modo per eliminarle, ma solo il motivo che accresce il turbamento. Rendendo le emozioni del bambino importanti, anche il genitore comprenderà l’importanza del suo modo di porsi nei confronti del figlio e sarà stimolato all’interazione positiva.

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