Il social referencing cos’è e come si sviluppa nel bambino? Cerchiamo di capirlo insieme. Quando un bambino piccolo entra per la prima volta in contatto con un oggetto o una persona fino ad allora sconosciuti, inizialmente tende a fissarli e ad osservarli per un breve periodo, successivamente mette in atto un’azione di qualche tipo, che può andare dall’avvicinamento (che lo porterà a relazionarsi con l’oggetto o la persona in questione) all’allontanamento (che lo spingerà ad ritirarsi e ad evitarlo).
Intorno ai 9-10 mesi d’età questo meccanismo inizia a modificarsi, divenendo man mano più complesso. Il bimbo non si limita più ad osservare l’oggetto ma, prima di intraprendere un’azione, guarda la figura di riferimento a lui vicina in quel momento per “captare” un segnale ed avere un consenso, cercando un suggerimento su come comportarsi. Ne ha bisogno in quanto una situazione nuova per un bambino costituisce un’incognita, rappresenta l’inesplorato con cui non è mai entrato in contatto e da cui non sa cosa aspettarsi ed è caratterizzata fondamentalmente da incertezza. Proprio in quanto sconosciuta, tale situazione, ovvero oggetto o persona, non è rassicurante per il piccolo e l’unico modo che esso ha per essere rasserenato e guidato nell’azione da intraprendere è fare affidamento alle persone a lui familiari. In altre parole, il bambino utilizza ciò che gli è ben noto per affrontare l’ignoto.
Solitamente la persona da cui il piccolo cerca un segnale è la madre, che rappresenta la figura primaria di cura dello stesso e con la quale il legame di fiducia è già ben consolidato. In assenza della madre o quando si trova in maggiore prossimità un’altra figura significativa (sovente il padre, ma anche i nonni o l’educatore), il bambino si rivolge ad essa, che è sempre e in ogni caso una persona che gli suscita un adeguato livello di sicurezza.
Questo fenomeno, che in psicologia prende il nome di social referencing, meglio noto in italiano come riferimento sociale, è stato oggetto di numerosi studi e sperimentazioni nel corso degli anni.
Ora, il fatto che il bambino si rivolga alla madre o, come detto, ad altre figure per lui significative alla ricerca di un segnale su come comportarsi, presuppone che esso debba essere in grado di decodificare le reazioni degli altri e quindi di riconoscere le espressioni e le emozioni altrui. L’emozione è strettamente legata all’azione ed ha contemporaneamente una dimensione fisiologica (è accompagnata da un’attivazione dell’organismo e da conseguenti segnali corporei), motivazionale (orienta il comportamento in base a desideri od obiettivi), cognitiva (il pensiero dà significato all’emozione e guida l’individuo verso una reazione), comunicativa (veicola messaggi, intenzionali o non, agli altri). Inoltre, l’emozione è sempre legata ad un contesto in quanto si manifesta sempre in relazione ad una situazione.
Fin da neonato il bambino manifesta un’attrazione nei confronti del volto umano; questa predilezione fa sì che impari rapidamente a distinguere le varie espressioni emotive, cui poi risponderà o per imitazione o per reazione. La capacità di comprendere le emozioni altrui è legata a processi di risonanza emotiva mediante cui il piccolo assume comportamenti empatici, grazie ai quali è in grado di provare le emozioni degli altri individui, fenomeno chiamato “contagio emotivo“. In seguito il bambino elabora sistemi sempre più raffinati, perfezionando le proprie capacità nel decifrare le espressioni della madre, delle altre figure di riferimento e delle altre persone in generale.
Non a caso, quindi, il social referencing si manifesta intorno all’anno d’età, quindi anche in bambini che vanno all’ asilo nido, poiché in quest’epoca lo sviluppo emotivo ed affettivo del bambino ha già raggiunto un sufficiente grado di maturazione a tal fine. In questo stadio dello sviluppo l’espressione della madre e delle altre figure di riferimento assume un carattere comunicativo e orienta l’azione del piccolo. Da questo punto di vista il social referencing ha un carattere selettivo, in quanto il bambino considera di riferimento solo gli adulti per lui significativi.
In uno studio condotto sul fenomeno del social referencing un campione di bambini veniva messo davanti a dei nuovi giocattoli. Come previsto, essi dinnanzi la novità si mostravano incerti e guardavano le proprie mamme per cercare suggerimenti, le quali mamme, però, erano state precedentemente istruite ad assumere un predeterminato tipo di espressione, che poteva essere un sorriso (espressione positiva), un’espressione di paura (negativa) o un’espressione neutra. Emerse che i bambini erano in grado di identificare le emozioni delle mamme ed agivano di conseguenza. Se la mamma sorrideva il bambino si allontanava rassicurato avvicinandosi al giocattolo, se essa mostrava paura le restava accanto senza approcciare il giocattolo, mentre se l’espressione della mamma era di neutralità il bambino assumeva un’espressione intermedia.
Ciò dimostra, ancora una volta, che il ruolo delle reazioni dell’adulto significativo è di fondamentale importanza nello sviluppo psicologico del bambino, in quanto dalle sue risposte emotive dipende il comportamento del piccolo. Un adulto che manifesta atteggiamenti che veicolano emozioni positive e rassicuranti incoraggia il bambino ad esplorare il proprio mondo, rendendolo più sicuro ed autonomo. Al contrario, invece, se le emozioni trasmesse sono negative o incerte, il bambino reagirà con la medesima incertezza tendendo ad evitare di approcciarsi alle novità, precludendosi la possibilità di relazionarsi con l’inesplorato, che rappresenta comunque un’opportunità di crescita per il piccolo.