Il processo di cura e insegnamento che si stabilisce tra un educatore e un bambino è composto di dinamiche in continua evoluzione, di transfert e controtransfert che vanno a costituire quella che è una vera e propria relazione, non solo di tipo educativo, ma anche di tipo umano. Per una migliore comprensione di queste dinamiche la tecnica psicologica dell’infant observation può essere particolarmente utile. Questa tecnica venne messa a punto nell’ambito della psicoterapia ma è applicata con successo qualunque ambito di cura ed educazione a contatto col neonato e con l’infante. Nel 1948 venne sperimentata per la prima volta nella Tavistock Clinic a Londra e successivamente adottata dall’Istituto Psicoanalisi londinese, questa procedura consiste nell’inserimento dello psicologo nell’ambiente famigliare e domestico del neonato e nell’osservazione del neonato nel suo ambiente. Lo psicologo deve diventare parte integrante dell’ambiente, senza mai inferire nè con il care-giver (madre, padre o figura genitoriale) nè con i bisogni e le richieste del bambino (pianto, coliche, risa). In questo modo lo psicologo è in grado di attivare i processi di empatia più profonda e di avvertire chiaramente e in modo interno i bisogni de neonato quasi come fossero i suoi: tutte quelle sensazioni di reazione e spinta all’azione che un eventuale pianto del bambino provaca vanno messe da parte per restare in ascolto dell’angoscia esistenziale del neonato.
Questo presuppone anche il lasciarlo piangere se al momento il genitore non se ne occupa, senza intervenire. Questa occorrenza rappresenta il lato più difficile per lo psicologo o l’educatore che si trova a fronteggiare l’esperienza di infant observation: l’istinto all’accudimento insorge per porre fine alle sensazioni di angoscia e nervosismo che il vedere una creatura bisognosa comporta, e l’azione (consolare il bambino, cambiarlo, dargli da mangiare) può porre fine alla richiesta di attenzioni del neonato, ma sancisce la fine totale dell’empatia. Nel momento in cui ci si pone come accuditore, ci si eleva dalla posizione di ascolto, che è una posizione pari, nella quale l’empatia fa comprendere nel profondo i sentimenti e le istanza di un piccolo lasciato a sè. Per restare completamente assorti nel livello empatico, non bisogna quindi cedere all’agire: dev’essere il care-giver abituale o genitore ad agire, non il professionista in sua vece. Il professionista non deve mai abbandonare la sua posizione di ascolto empatico durante l’infant observation, nemmeno per prendere appunti: eventuali annotazione verranno prese in un secondo luogo.
L’infant observation può essere utile a chiunque decida di intraprendere il percorso formativo di educatore o educatrice, perché aiuta ad affinare i meccanismi di transfert e controtransfert partendo da una profonda e solida base empatica. Nell’ambito dell’asilo nido questa tecnica si può traslare con successo: ciascun educatore dovrebbe infatti saper riconoscere le necessità del bambino a impatto visivo, tramite l’osservazione delle sue peculiari manifestazioni. Ciascun bambino si comporta in modo diverso e ha i propri segnali di disagio e necessità ben caratterizzati e visibili: è quindi necessario che l’educatore si attivi a livello empatico per imparare a riconoscerli. Questo può essere realizzato mediante un programma di infant observation concordato in precedenza con la direzione. Ciascun educatore dovrebbe seguire non più di sei bambini per volta, e instaurare con ciascuno di loro un legame profondo e un riconoscimenti immediato dei bisogni e delle necessità dato dall’aver visto il comportamento del bambino in diverse situazioni. L’infant observation andrebbe dunque praticata per un certo periodo di tempo per imparare a riconoscere i segnali del bambino e stabilire una connessione emotiva personale e profonda.
Il periodo adatto per praticare un minimo di infant observation sarebbe dunque il momento del distacco dalla madre e del graduale inserimento al nido. Durante l’osservazione verranno notate eventuali esigenze della madre, del bambino, e il tipo di relazione adulto-bambino che si mette in atto e in base a questi dati l’educatore potrà personalizzare il suo approccio, per rendere l’ingresso al nido più agevole il possibile. In secondo luogo sarà possibile praticare l’osservazione anche durante il gioco libero, nel quale il bambino può mettere in scena i suoi comportamenti e rappresentare per mezzo dei giocattoli, scene del suo vissuto quotidiano o esternare tramite il gioco e le relazioni con il gruppo dei pari, la sua emotività e dare preziosi indizi sul tipo di approccio da adottare nei casi più svariati. L’infant observation, quando praticato con cognizione e metodicamente, può essere veramente una grande risorsa che aiuti ad affinare le abilità e le capacità personali nell’ambito educativo, e consenta la formazione di operatori più vigili e attenti all’emotività del bambino, non solo a cosa è giusto insegnare o alle tecniche più prettamente concrete.