I meriti del pensiero creativo sono universalmente riconosciuti. La creatività rappresenta una marcia in più in molti ambiti, in quanto consente di non restare inquadrati all’interno di schemi mentali rigidi.
Secondo lo psicologo statunitense Joy Paul Guilford esistono due accezioni di pensiero situate nei poli opposti di un continuum dove si posizionano gli stili individuali: il pensiero convergente e il pensiero divergente. Il primo, alla base della logica e proprio della risoluzione dei problemi logico-matematici, funziona in modo tale da proporre un’unica risposta ad un problema. Il pensiero convergente non contempla la possibilità di fornire più di una soluzione, di dare più di una risposta ad un quesito, esprimendo una valutazione netta in termini di “giusto o sbagliato”. Contrariamente, il pensiero divergente è caratterizzato dalla possibilità di ricercare più di una soluzione ad un problema, tutte aventi un certo grado di accettabilità e validità. Le due tipologie di pensiero hanno non solo una loro ragione di essere, ma uno non vanta una superiorità assoluta nei confronti dell’altro, in quanto la loro utilità si esplica nei diversi contesti di vita: se in un contesto è più funzionale un tipo di pensiero, in altre situazioni risulta più utile l’altro.
Il pensiero divergente sta, per sua natura, alla base della creatività, essendo una modalità di ragionamento che permette di bypassare gli schemi alla ricerca di alternative e per questa ragione è caratterizzato da una certa fluidità. La divergenza, infatti, si crea quando si abbandona ciò che viene in mente nell’immediato come prima soluzione ad un problema e si cerca di esplorare altri punti di vista e prospettive alternative.
Diventa, pertanto, fondamentale incoraggiare il pensiero divergente nei contesti di apprendimento, in particolar modo nelle scuole dell’infanzia, poiché stimolare la creatività del bambino significa dare una forte spinta al suo sviluppo cognitivo, facendogli sperimentare modalità diverse di relazionarsi con il mondo e rendendo il suo pensiero più flessibile, quindi più aperto alle opportunità. Un mezzo universalmente noto per incentivare e potenziare il pensiero divergente è indubbiamente il gioco, in modo particolare il gioco libero o non strutturato in cui il bambino ha la possibilità di inventare ed esplorare senza i vincoli posti dalle regole prefissate.
La tipologia di pensiero propria del bambino della scuola dell’infanzia è di natura intuitiva. In questo stadio dello sviluppo esso è in grado di descrivere nei dettagli la propria esperienza, ciò che ha viso e a raccontare storie lunghe ed articolate. Uno dei massimi studiosi dei meccanismi di sviluppo del bambino, lo psicologo svizzero Jean Piaget, ritiene, tuttavia, che il limite più grande del pensiero del bambino a questa età sia l’incapacità di eseguire operazioni o azioni reversibili. Secondo il teorico, la reversibilità è una proprietà del pensiero attraverso cui è possibile ripercorrere le fasi del processo cognitivo a ritroso, capacità che solitamente viene maturata attorno ai sei-otto anni d’età. Il pensiero reversibile è legato alla possibilità di compiere alcune operazioni mentali elementari di natura spaziale, logica e numerica nonché di fare proprie nozioni come la lunghezza, la durata e la classe. La capacità di concepire la reversibilità implica per un bambino, nel momento in cui osserva la fase finale di un processo, il tener conto anche delle fasi precedenti, ovvero della fase iniziale e delle fasi intermedie dell’intera sequenza. Ciò gli consente di andare alla situazione di partenza e di riconoscere il cambiamento avvenuto nel passaggio tra le diverse fasi in cui si è svolto il processo. Un bambino più piccolo, invece, il cui pensiero è tendenzialmente irreversibile, è in grado di tenere in considerazione solo la situazione attuale, quella che si presenta in quel preciso momento, pur avendo assistito alle fasi precedenti, che però, essendo svanite, sono per lui inesistenti.
Quindi nell’accezione di Piaget, lo sviluppo cognitivo è segnato dapprima da un passaggio dal pensiero intuitivo a quello operatorio, mentre il bambino acquisisce diverse capacità che gli consentono di svolgere un certo numero di nuove attività: l’abilità senso-motoria, rappresentativa (contraddistinta da caratteristiche fortemente egocentriche, per cui il piccolo non è in grado di immedesimarsi nella prospettiva altrui e di vedere altri punti di vista eccetto il suo), pre-operatoria e, infine, operatoria. In seguito il pensiero operatorio, che inizialmente è di natura concreta, si trasforma in formale, consentendo il compimento di operazioni mentali di una certa complessità, quali ad esempio le operazioni matematiche, ma anche quelle connesse al concetto di peso, di volume e di superficie.
Poiché reversibilità del pensiero significa pensare due cose alla volta (e non più solo una), stimolare questo aspetto cognitivo nel bambino vuol dire dargli uno strumento utile per sviluppare la sua capacità di valutare diverse alternative, considerare diverse opzioni e quindi di essere aperto e ricettivo verso nuove possibilità. In questo modo il bambino sarà in grado di uscire dall’egocentrismo che contraddistingue la sua età e di scoprire i vantaggi derivanti dal tenere in considerazione diversi punti di vista, sviluppando nel contempo anche le capacità di relazione e di socializzazione.